Commento dell'editore:
"O frate", disse, "questi ch'io ti cerno col dito", e additò uno spirto innanzi, "fu il miglior fabbro del parlar materno..."
Così il poeta Guido Guinizzelli presenta a Dante lo spirito di Arnaut Daniel, trovatore provenzale della seconda metà del XII secolo. È lui il «miglior fabbro del parlar materno», ossia il migliore artefice in lingua volgare, quel parlare che si apprende dalla bocca della madre e che si contrappone, per Dante, al latino, la lingua della gramatica.
Dopo un’introduzione sull’evoluzione dal latino alle lingue romanze e quindi all’italiano, si affronta la poesia dei siciliani e dei siculo-toscani e si giunge alla poesia religiosa di Francesco d’Assisi e di Jacopone da Todi. Lungo tutto il libro si snoda una riflessione linguistica funzionale a chiarire il passaggio dal latino al volgare italiano.