Note di copertina:
La Tradizione indù, essenzialmente fondata su i Veda, contempla differenti darśana o "prospettazioni" che vertono singolarmente su determinati aspetti del conoscibile vedico.
I darśana vanno considerati alla stregua di prospettive filosofiche che offrono un'interpretazione della Realtà secondo diverse angolazioni, penetrando in vario grado di profondità nell'essenza delle cose e traendone conseguentemente delle "visioni" caratterizzate ciascuna da una propria specifica sfera di competenza e distinte in quanto a portata, completezza e comprensività. Essi non sono in opposizione ma abbracciano panoramiche sempre più ampie, sintetiche e unitarie compenetrandosi e completandosi reciprocamente.
Uno dei più antichi darśana è il Sāṁkhya, codificato dal saggio Kapila, che basa la sua investigazione sulla "enumerazione" e considerazione dei venticinque tattva o princìpi. Esso si interessa della sfera della manifestazione universale e spiega l'universo fenomenico con l'interazione di due princìpi: il puruṣa (anima), attivo e vivificatore che per "induzione" conferisce alla prakṛti la capacità di generare le forme-entità, e la prakṛti (natura), sostanza universale passiva e plasmabile.
Molte nozioni fondamentali del Sāṁkhya sono state riprese da altri darśana, in particolare la distinzione tra puruṣa e prakṛti e la concezione dei tre guṇa: sattva, rajas e tamas, "qualità" o elementi costitutivi della prakṛti.
Le Sāṁkhyakārikā di Īśvarakṛṣṇa costituiscono il più antico testo del darśana Sāṁkhya in nostro possesso (IV-V sec. d.C); esse sono considerate un compendio di un trattato precedente e più esteso: lo Ṣaṣtitantra ("I sessanta argomenti") di cui si fa menzione nella kārikā 72. La notorietà e l'autorità delle Sāṁkhyakārikā sono attestate dai suoi numerosi commenti tra i quali il più antico è quello ascritto a Gauḍapāda che viene presentato in questa edizione nella scorrevole e accurata traduzione di Corrado Pensa.
Il Sāṁkhya non si limita alla conoscenza della struttura dell'universo nella sua totalità, ma propone anche la liberazione del puruṣa dall'apparente identificazione, causata dalla non conoscenza (ajñāna), con i prodotti di prakṛti. È da sottolineare che il Sāṁkhya parla di apparente identificazione in quanto: «… nessun'anima è legata o liberata né trasmigra. Non è altro che la natura, con i suoi molteplici stadi, ad essere legata o liberata o a trasmigrare» (kārikā 62).