Quarta di copertina:
Non solo deposito di forme lontane, repertorio di modelli tratti dalla classicità o dal mondo romanzo, l'opera del Sannazaro si pone come autobiografia spirituale in cui vive una nuova idea di Arcadia. Rifugio e contestazione ad un tempo.
L'icona del mondo bucolico, come fuga in una dimensione alienante, va slabbrando i propri contorni per delineare le cadenze di un percorso che, da un'iniziale oraziana scelta di umile scrittura, giunge alla ricusazione totale di quel canto e di quella misura di vita.
Condizione disperante perché il viaggio che Ergasto-Sincero-Jacopo compie all'interno della terra, allontanandosi dalle piaghe d'Arcadia per giungere a Napoli, lo conduce ad un approdo di totale sconfitta, e ci pone di fronte ad un naufragio che coinvolge le vicende pubbliche – il crollo del dominio Aragonese in Napoli – e la vita più intima, il lutto per la morte della madre, che profondamente segna Jacopo, ormai non più celato dietro al travestimento bucolico.
Il cupo paesaggio del commiato, quando l'io narrante appende all'albero la zampogna per non più cantare, perché il canto non ha più ragione di esistere, si pone come emblema della situazione, che è giunta al suo limite. Lo spirito di profonda disperazione del tempo presente, di punto fermo oltre cui non si può andare, il valore esistenziale totalmente negativo espresso dal Congedo fa dell'Arcadia non solo una splendida gemma, frutto di squisita cultura umanistica, ma il punto di crisi di una cultura e di una realtà storica giunte al loro periclitante declino.
Indice:
pag. 11 Il canto di Ergasto
39 "Et in Arcadia ego", ovvero Edipo in Arcadia
67 Arcadia, fuga e catastrofe
93 Conclusione
99 Indice dei nomi